mercoledì 19 febbraio 2014

L'anima altrove - Anna Maria Mori

L'esilio, per i profughi istriani, ha significato allontanarsi dai luoghi amati, dai ricordi, dai familiari, dagli amici, ma anche dagli oggetti cari della vita materiale. Questi racconti d'esilio partono proprio da alcuni oggetti, anche minimi, come una federa bianca ricamata, che conservati gelosamente sembrano poter restituire almeno la testimonianza di un passato migliore, perso per sempre. Per non parlare delle case, costruite e abitate con amore e riconoscenza da generazioni, abbandonate in fretta e oggi quasi irriconoscibili per i guasti provocati dal tempo, dall'occupazione, dallo sviluppo incontrollato della vegetazione. L'aver perso la propria casa, suggerisce l'autrice, rende l'esiliato un'anima in pena, incapace di rimettere radici, più a suo agio in un albergo che in una casa che non sentirà più sua. Qualcosa è andato perduto, nella fuga: mentre è rimasto immutato il desiderio, impossibile da realizzare, di ritornare indietro a momenti di felicità che non si è saputo apprezzare fino in fondo finché non si è conosciuto l'esilio.

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